In questi giorni un’indagine condotta dal Cesvi ha portato alla luce un dato davvero increscioso: il 70% dei bambini italiani subisce o ha subito almeno una volta atti di violenza all’interno delle mura domestiche. Proprio in casa, quel luogo che per ogni bambino dovrebbe rappresentare un rifugio sicuro dal mondo esterno. Un luogo dove sentirsi liberi di imparare cos’è la vita, come si gioca e come si alimentano i sogni.
Per molti bambini, però, questa è solo un’utopia e la casa diventa il luogo dove non si vuole tornare, dove non si sa mai cosa può attenderli. Un posto che invece di farli sentire al sicuro dai mostri immaginari dell’infanzia, di mostri ne ha in carne ed ossa, con indosso le immagini dei loro genitori e le armi per distruggere ogni loro sogno da bambino.
Perché se una cosa è certa, è che ogni bambino che subisce abusi, di qualunque tipo essi siano, perde per sempre una parte preziosa della propria infanzia, allontanandosi da quei momenti che dovrebbero diventare ricordi da portare nel cuore, chiudendosi in se stesso e crescendo anzitempo, costretto a dover contare sulle proprie forze per sopravvivere ad una realtà più grande di lui, e tutto invece di passare il tempo a pensare al prossimo gioco da fare.
Come i bambini vivono le violenze tra le mura domestiche
Cercare di capire cosa prova un bambino maltrattato è difficile. Certo, si può immaginare la paura, la costante incertezza di cosa avverrà dopo e la voglia di scappare quando la situazione sembra degenerare. Si può arrivare a comprendere anche il senso di sconfitta o di inadeguatezza misti alla domanda del perché accadano simili cose quando gli altri bambini sembrano condurre una vita del tutto diversa e con genitori amorevoli. Ma arrivare a capirne il mondo interiore, senza esserci passati, è davvero difficile se non impossibile.
In base al tipo di violenza subita, ogni bambino si trova costretto ad innalzare delle difese personali che non sa ancora come gestire. Si isola, si chiude in se stesso e il più delle volte finisce con il pensare di essere in qualche modo colpevole e di meritarsi gli atti violenti dei genitori.
Allo stesso modo si inizia a sperimentare la rabbia per l’ingiustizia subita e tutto in uno scontro di sentimenti troppo vasto per un essere ancora così piccolo.
Con queste premesse non è difficile immaginare come ogni piccolo atto di violenza possa formare in modo negativo la personalità dell’adulto di domani. Un adulto che con molta probabilità crescerà con grandi problemi nel relazionarsi e che in alcuni casi potrebbe mostrare a sua volta degli atteggiamenti violenti, gli unici che ha imparato durante l’infanzia.
Per questo motivo è necessario riuscire a riconoscere subito qualsiasi caso di violenza, cercando di intervenire prontamente e cioè prima che l’infanzia del più piccolo svanisca per sempre.
A questo scopo, le autorità competenti cercano ogni giorno di stabilire nuovi metodi preventivi, in grado di aiutare i bambini ad avere un sostegno che consenta loro di crescere in modo sano, recuperando se possibile almeno parte della spensieratezza che gli è stata rubata.
Le statistiche dei casi di violenza in Italia
Nonostante i tanti sforzi, però, i risultati delle indagini parlano chiaro e l’Italia si trova a dover affrontare questo grande problema che statisticamente sembra essere più diffuso al sud, nelle famiglie estremamente povere, con un basso livello di istruzione e dove girano grandi quantità di alcol.
La Campania, ad esempio, è risultata essere la regione che tra le tante contrassegnate come a rischio ha minori armi a suo favore per combattere i casi di maltrattamenti. Calabria e Sicilia vengono subito dopo, in un’escalation che attraversa tutto lo stivale.
Parlando di percentuali, invece, sembra che il 70% dei bambini maltrattati subisca prevalentemente continue percosse o abusi sessuali (in questo caso sono più a rischio le bambine). Un buon 35% è invece contraddistinto da forme minori ma non per questo meno gravi di violenza come la negligenza fisica e la trascuratezza emotiva.
Insomma, i dati parlano chiaro e indicano uno stato di emergenza per la salvaguardia dell’infanzia e del benessere dei minori che vivono nel nostro paese.
Cosa si può fare per intervenire
L’unica soluzione è quella di tenere gli occhi ben aperti in modo da captare ogni più piccolo segnale. Spesso e volentieri, infatti, i bambini tendono a non parlare. Un po’ per paura, un po’ per vergogna e un po’ per proteggere a loro modo i genitori che, nonostante tutto, continuano ad amare e a giustificare.
I segnali, però, possono essere facilmente intercettati da insegnanti e amici di famiglia e segnalati alle Asl di competenza. I minori che subiscono violenze, infatti, mostrano facilmente un carattere timido, chiuso e spesso legato ad un ritardo dell’apprendimento, ad atteggiamenti violenti o a paure spesso immotivate. In caso di dubbi, invece, prima di agire si può provare a sentire una delle tante Onlus distribuite per il territorio, esprimendo i propri dubbi in modo da capire come muoversi.