Quando si parla di violenze si sa già di andare incontro ad un argomento in grado di destabilizzare per le forme e le modalità con cui gli atti di maltrattamento avvengono ogni giorno. Ciò che non ci si aspetta o che non dovrebbe esistere è lo sgomento per leggi che invece di proteggere sembrano voler ribaltare i ruoli di vittima e carnefice dando ragione a quest’ultimo.
È quanto accaduto di recente con un caso riportato dal sito Affari italiani, in cui una donna che aveva denunciato dei maltrattamenti da parte del marito si è vista rifiutare dei provvedimenti in quanto questi non sono stati frequenti o ravvicinati. Una regola che vista in azione ha lasciato tutti senza parole, in particolar modo chi dalla legge si aspettava proprio un aiuto vedendoselo però rifiutato.
Leggi non sempre a favore delle vittime
A stabilire questa regola recentemente applicata è stata la Corte di Cassazione d’appello che, chiamata a giudicare il ricorso di un uomo condannato dopo aver maltrattato la moglie con minacce e violenza fisica ha infine deciso di cambiarne l’esito dando come motivazione il fatto che la donna pur dopo un’istanza di separazione consensuale arrivata dopo un matrimonio durato 14 anni, ha continuato a vivere con il marito.
Sembra infatti che secondo la legge, per poter parlare di maltrattamenti in famiglia, questi debbano avvenire più volte ed essere ripetuti nel tempo. I tre avvenuti nel corso di un anno, come nel caso sopra riportato non sono però bastati in quanto non chiari e non esattamente contigui.Per questo motivo, il caso si è concluso con una sentenza annullata per un rinvio a nuovo giudizio da eseguire dopo un’analisi più approfondita delle cause che hanno prodotto la violenza e delle esatte tempistiche.
Una storia che ha dell’assurdo e che ha sicuramente lasciato interdetta la vittima che si è così vista disconoscere il personale diritto di essere difesa da chi di contro l’ha più volte aggredita.
La scelta di restare insieme a chi perpetua violenza
A quanto pare, una delle cause di un simile verdetto potrebbe essere stata la scelta della donna di restare al fianco del marito anche dopo averne ottenuto la separazione in modo consensuale.
Un’azione che, seppur non giustificando in alcun modo la scelta di voltarle le spalle, mira ad essere approfondita al fine di capire le dinamiche esistenti all’interno della coppia e ciò che ha spinto due persone che sono state insieme per 14 anni a separarsi per poi restare ancora insieme.
Non è da sottovalutare, però, la componente emotiva che troppo spesso spinge donne che subiscono maltrattamenti dai propri compagni a restare al loro fianco senza neppure denunciarli.
Donne che agiscono spesso per amore o per paura e, quasi sempre, con la convinzione, per giunta errata che i propri compagni possano davvero cambiare offrendo loro l’amore che promettono ogni qual volta si pentono di un’aggressione o di un maltrattamento di tipo verbale.
Come difendersi dai maltrattamenti
Al di là di quanto emerso, in caso di maltrattamenti è opportuno che la vittima si attivi il più in fretta possibile al fine di porvi un freno. Già dal primo caso è indispensabile chiedere aiuto e non chiudersi in un silenzio fatto di paura e di sensi di colpa perché l’unica colpa è sempre in mano del carnefice e mai della vittima.
Si può quindi parlarne con un familiare o un amico fidato o chiedere aiuto ad una Onlus per conoscere le mosse da fare al fine di proteggersi o di denunciare il proprio compagno.
Ogni singolo caso di maltrattamento è infatti potenzialmente dannoso e lesivo sia che questo sia fatto di sole minacce o di azioni fisiche. È infatti impossibile prevedere quando ce ne sarà un secondo e di che entità sarà ma è quasi certo che ci sarà sempre una seconda volta e a testimoniarlo sono i tanti casi di donne che si sentono ogni giorno e che pur aspettando e sperando in un cambiamenti si sono infine trovate costrette a farsi forza e affrontare la situazione.
Per quanto difficile possa sembrare, infatti, è questo l’unico modo per salvarsi la vita e per iniziare a vivere davvero, lontane dalla paura e dalla disistimia che troppo spesso circonda le vittime di maltrattamenti.