Le storie di abusi sulle donne sono all’ordine del giorno, e non solo nelle cronache ma proprio del vissuto quotidiano. Delle molteplici categorie di violenze fanno parte anche categorie più subdole e difficili da comprendere persino per la vittima. Le donne maltrattate psicologicamente si trovano in queste condizioni.
Abusi che non lasciano lividi o cicatrici visibili, ma ferite dell’anima che si auto alimentano lasciandoci poco margine per agire.
Nascono dalla complessità di un amore idilliaco e che dopo breve mutano sotto il ricatto di essere abbandonate e infelici a vita. Sono moglie, fidanzate, figlie alla mercé della prepotenza e del disprezzo quotidiano.
Le donne maltrattate psicologicamente vivono in un clima generale di disapprovazione, di umiliazione e nella paura di fare e dire qualsiasi cosa. L’accanimento avviene verso la singola persona ed agisce puntualmente.
La sensazione costante di aver a che fare con un uomo che proclama sempre e ovunque la sua superiorità. Le violenze psicologiche tendono ad annientare la vittima nel lungo periodo, limitandone le proprie capacità intellettive sovrastate da una generale sensazione di inadeguatezza e auto stima personale. La ferita continua a sanguinare invisibile a noi e a chi si trova vicino a noi. Per di più la vittima si ritiene responsabile del suo stato di maltrattata.
Le donne maltrattate psicologicamente sono banalizzate
La nostra società erge l’uomo a difensore e salvatore della patria. I modelli sociali sono caratterizzati dall’asserzione al maschilismo e non accenna a cambiare. Lo sport, lo spettacolo, ed in generale il mondo del lavoro chiedono all’uomo di competere e vincere. Lo sa anche una donna che l’uomo viene prima. Di che si lamenta una donna se il partner è nervoso, su di lui c’è il peso della famiglia.
E’ questo generale clima di sudditanza che porta a giustificare, anche a se stesse, che l’uomo può sbraitare, pretendere, insultare, prevaricare quanto gli pare.
Forse è per questo motivo che inconsapevolmente le donne maltrattate psicologicamente gliele perdonano tutte. Fa gioco il ricatto sottile di rimanere sole, abbandonate, un altro stereotipo che lavora a favore del maschio, che ne è consapevole. E’ il guinzaglio che tiene a bada la donna quando alza troppo la voce o non si comporta come deve.
In un rapporto, il prevaricatore ha buon gioco, usa tutte le sue armi per sottomettere la sua vittima. Inizia dalla denigrazione, continua, poi passa agli insulti, preceduti dal sarcasmo strisciante. Affibbia nomignoli dispregiativi.
Una donna assoggettata, avrà problemi in tutti gli ambiti della sua vita, dal punto di vista sociale e psicologico, e le ripercussioni negative dei maltrattamenti sono continue e degradanti: non esercita alcuna attività lavorativa, e se lavora la richiesta del partner è di lasciarlo perchè non ce n’è bisogno. Un errore da non fare, sia per la propria indipendenza economica che sociale.
Le donne maltrattate psicologicamente si sentono isolate, in costante clima di sudditanza, non adeguate ed incapaci. Il loro aggressore lavora giorno e notte per raggiungere e mantenere una posizione di controllo.
L’aggressore ha il controllo della vittima
Ci si chiede se l’aggressore sia tale per via del suo carattere eccessivamente burbero. Non si valuta attentamente la realtà dei fatti. I comportamenti di sottomissione che pretende un partner con atteggiamenti distruttivi dell’altra metà, hanno l’obiettivo del controllo. Questo obiettivo lo intende raggiungere in maniera ossessiva in ogni sfera della vita della vittima.
L’isolamento ne è la prima conseguenza, non si deve poter comunicare all’esterno, in nessun modo. Avviene il graduale ed inesorabile allontanamento dalla famiglia e dagli amici. A chi prima frequentava la vittima sembra una situazione naturale per l’evolversi della vita, per gli impegni che si susseguono, e invece si tratta di banali scuse.
Il controllo sugli spostamenti è un altro obiettivo e viene attuato con l’imposizione della presenza del maltrattatore. La dipendenza finanziaria è una costante del rapporto tra maltrattatore e vittima.
L’obiettivo del controllo avviene attraverso la distruzione sistematica di tutto ciò in cui si crede, persino delle idee politiche o del proprio credo. Il maltrattamento avviene anche per piccolezze, che possono riguardare il cibo o le medicine. Sproloqui che all’inizio sembrano piccole manie ma che nel tempo penetrano e ci convincono di realtà immaginarie.
L’incessante azione di derisione è ciò che fa sprofondare lentamente la vittima in uno stato di asserzione e svalutazione della propria personalità. Un tempo lungo, lento in cui poche donne riescono a capire che quella vita non è la loro, che il rapporto ideale che avevano solo intravisto all’inizio, non c’è più.
Le pretese sessuali sono un altro aspetto del controllo, un obiettivo di asserzione totale.
Le donne maltrattate psicologicamente non si accorgono di avere le catene, e quando finalmente riescono a vederle non sono pronte a spezzarle.
Lacrime di coccodrillo
Quando finalmente la donna inizia a ribellarsi, il suo aguzzino sfodera la carta che non ti aspettavi. E’ anche questo un comportamento tipico, le false promesse che tutto cambierà, i pianti di ravvedimento sono l’ultimo baluardo che cerca di lavorare sulla nostra emotività.
Il pentimento è solo un tentativo disperato di legare la vittima all’aggressore che intende guadagnare tempo e riconquistare la fiducia.
Il ripristino delle condizioni normali di una vita di coppia non avviene magicamente o per effetto dei buoni sentimenti. Le donne maltrattate psicologicamente devono prima riconoscere la spirale in cui si trovano e poi chiedere aiuto.
In famiglia il maltrattamento si allarga ai figli che sviluppano anch’essi il timore di esprimere la propria personalità se non di nascosto.
La donna maltrattata subisce per lungo tempo un lavaggio del cervello su come si deve comportare, vestire, mangiare e persino pensare, senza rendersi conto di quanto possa fare male . Queste caratteristiche rendono improbabile una propria capacità di ragionare autonomamente per ottenere un quadro realistico della propria condizione.
Spesso sono le persone che sono riuscite a rimanere vicine a mettere in guardia la vittima ed aiutarla. Molto raramente è la stessa vittima a farsi largo nell’oscurità per uscire da una situazione dannosa e pericolosa.
La riscossa inizia quando si decide di lasciare il partner, possono succedersi vari tentativi in cui le lacrime di coccodrillo possono frenarvi, ma occorre non demordere e mettere in atto il distaccamento. E’ questa l’unica possibilità di arrivare alla soluzione migliore e ritornare a ricostruire la propria vita lontana dalla denigrazione.
La riabilitazione, per chi ce la fa, è lenta ma piena di gioia. I segni lasciati nell’anima serviranno a voi e ad altre ad individuare i maschi maltrattatori.