Foligno: caso di razzismo e di maltrattamento psicologico su minore

In questi giorni si sta parlando molto del caso del bambino di colore di dieci anni che, in una scuola di Foligno, è stato costretto dal maestro ad alzarsi per starsene in piedi davanti alla finestra, colpevole di essere “brutto”. Un episodio di sconcertante razzismo che, come si può ben capire, nasconde anche gravissimo atto di violenza psicologica ai danni del minore, messo in punizione senza aver commesso alcunché se non il semplice fatto di esistere e di essersi presentato a scuola come tutte le mattine.

Il caso di razzismo di Foligno: implicazioni psicologiche

Quando si parla di violenza è chiaro che, oltre a quella fisica, va considerata anche quella psicologica. Seppur più difficile da riconoscere, quest’ultima sussiste tutte le volte in cui la persona viene in qualche modo lesa sia con le parole che con i gesti. Il caso di razzismo avvenuto a Foligno, quindi, oltre ad essere grave in quanto atto di razzismo, è da considerarsi una violenza psicologica che ha sicuramente turbato il bambino, punito senza motivo dal proprio insegnante.

Tutto è avvenuto il 9 Febbraio, una mattina che doveva essere come le altre. In classe, però, c’era il supplente che all’improvviso e senza un motivo apparente ha chiesto al bambino di voltarsi verso la finestra perché troppo brutto. Un’azione senza precedenti che ha scioccato il protagonista di questa storia che si è trovato così ad essere vittima di un atto di razzismo ma anche di bullismo, infertogli dal maestro. Il tutto è venuto alla luce quando la madre, notando il suo atteggiamento diverso dal solito gli ha chiesto se era successo qualcosa a scuola. A quel punto il bambino le ha riferito quanto accaduto.

In tutto ciò, pare che il maestro si sia addirittura rivolto ai compagni di classe, chiedendogli se anche loro lo trovavano brutto. Un episodio che ha avuto conferma anche da parte dei ragazzini che ne erano testimoni e che per fortuna, a differenza dell’insegnante, si sono mostrati molto più umani, prendendo le parti del compagno e dichiarando di essere come lui, pretendendo di ricevere la stessa punizione. Una storia che ha dell’incredibile e per la quale sono partite immediatamente le indagini al fine di conoscerne tutti i dettagli e di porvi rimedio, per quanto ciò sia effettivamente possibile.

Intanto il maestro ha tentato di giustificarsi etichettando quanto avvenuto come un esperimento sociale del quale a suo dire avrebbe avvisato gli alunni per tempo. Esperimento o no, come hanno puntualizzato anche alcuni degli insegnanti, è impensabile usare dei bambini come cavie, specie senza averli prima avvisati motivando il perché della scelta.
Un fatto che è diventato subito virale proprio per la denuncia fatta da alcuni genitori increduli dopo averne sentito la storia.
Come se non bastasse ad inasprire la vicenda, la notizia che forse simili gesti sarebbero stati messi in atto anche verso la sorellina del piccolo.

Possibili danni psicologici nei bambini vittime di offese

Al di là di come la vicenda sarà conclusa, resta il fatto che il protagonista di questa storia ha subito un danno psicologico in un momento delicato della sua crescita. Essere etichettati per il proprio aspetto fisico è infatti una delle forme di violenza psicologica peggiori. Oltre a far male all’anima, infatti, se non affrontata con le dovute maniere, può portare ad un disagio crescente, invisibile all’inizio ma in grado di manifestarsi nel tempo.

Chi viene deriso o criticato per il proprio aspetto, sia esso legato al colore, al peso corporeo o a difetti fisici di qualsiasi tipo, tende infatti ad assumere la convinzione (specie se ciò avviene durante l’infanzia) di doversi mostrare sempre al meglio per poter essere accettato. Questo, oltre a poter creare dei disturbi legati all’aspetto fisico può generare un’insicurezza di fondo che con il passare del tempo rischia di evolvere in una totale mancanza di autostima o di incapacità di relazionarsi con il prossimo.

Per ovviare, è indispensabile accorgersi subito di quanto accaduto e provvedere a rassicurare la vittima di tali offese, chiedendo, là dove si ritenesse necessario, l’aiuto di uno psicologo in grado di comunicare nel modo più adatto le informazioni indispensabili a riparare gli eventuali danni che, se presi per tempo, possono non costituire un problema per la crescita psicologica dell’individuo. Una forma di protezione, in tal senso, andrebbe sempre messa in atto sia nelle scuole che negli ambienti frequentati dai bambini che molto spesso in casi analoghi tendono a chiudersi, provando vergogna e non capendo che gli unici colpevoli sono coloro che usano atti e parole volte a ferire per comunicare con loro.

Post Author: Danila Franzone

Copywriter e amante della scrittura in generale, lavora da anni nel settore, trattando argomenti di vario genere che spaziano dal benessere al mondo dei viaggi fino ad arrivare al sociale, un campo che le sta molto a cuore.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.